mercoledì 30 giugno 2021

Il primo (e l'ultimo)

 Il primo

Ma quale  primo?

Il primo primo, o il primo vero?

Il primo primo era un 3 novembre, mi ero laureata due giorni prima e ancora non ci credevo.

Ero una ragazzetta e portavo i jeans con i polacchini, un pullover verde scuro con 

 camicia bianca su cui avevo annodato una cravatta di mio padre, molto sottile.

Scuole superiori, periferia del napoletano.

Il primo vero fu molti anni dopo, i figli, il mio papà appena perso, andavo in giro con questa coltellata nel cuore.

Ricordo tutti i dettagli.

Io, avvolta in una giacca nera, capelli raccolti, occhi bassi. 

Il collega che mi precedeva voleva completare quanto già in suo possesso, ma per far questo il Preside avrebbe dovuto concedere talune modifiche all'orario.

Parlò un bel po', aveva considerato tante possibilità. Un tipo abile, snello, non alto, con una bella loquela.

Al termine della sua disamina, il Preside disse, con grande pacatezza, che era a discrezione del Capo d'Istituto decidere se consentire o meno il cambio orario.

Lui, in questa circostanza, non lo consentiva, e dava a me la supplemza.

Ero incredula!|

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(L'ultimo, è oggi)

(A distanza, niente abbracci, niente strette di mano, niente cibo condiviso)

(Emozioni vere, lacrime vere)



martedì 22 giugno 2021

i patti


Un giorno qualunque. Solita strada, solita destinazione.

_ in realtà basta un dettaglio_

Solito giro tra le piante, con l'innaffiatoio.

_è un attimo

"c'è un gatto, te lo avevo detto: è qui" 

Volare lasciando lì l'innaffiatoio, chiedere "dove, dove?" è un tutt'uno.

_inizio dell'Armageddon_

Tendere l'orecchio e sentire "meow, meow"

E chiamare:" Micio, micio!" aspettando

e ottenendo risposta, forte: meow! meow!

e chiedere aiuto per recuperare il gatto, che non si muove, ma miagola soltanto; e il luogo è impraticabile e impervio.

E infine scoprire che il gatto avrà sì e no tre giorni! e prendere questo fagottino 

e capire che prenderlo significa prendere in carico una vita.

_non parliamo di notti in bianco, di latte in polvere e poppate, di corse per accertarsi che dorme_

qual era l'altra scelta? dire è troppo piccolo non ce la posso fare?

lasciarlo lì in preda ai selvatici? 

lasciarlo in un gattile?

venire a patti con la coscienza?

(coccolarla, baciarla, pulirla, nutrirla, scoprire com'è, scoprire che è capricciosa e petulante e volerle bene da morire)

giovedì 3 giugno 2021

Invece ci voglio restare

 Tutti mi dicono di reagire. Mi dicono che non serve: che è un luogo inutile, vano, fonte di seccature.

Non lo nego. Tante cose mi disturbano, potrei enumerarle tutte, tanto le conto e le riconto: e posso garantire che mi fanno saltare i nervi.

Ma non c'entra. Non c'entra proprio nulla.

Avete presente quando un vostro amico, o una vostra amica, si sono infatuati della persona sbagliata? tutti lì a dire:"Non fa per te, chiudi questa storia, ti fai solo del male..." Senza costrutto, perchè non vi ascolta, anzi, si incaponisce di più.

Così io.

Voglio star lì, nella vecchia casa, prendere il caffè in quelle deliziose tazzine démodé. Voglio brontolare per la caffettiera ordinaria (non perfetta come la mia).

Voglio aprire l'armadio e vedere gli abiti di mia madre. 

Voglio riordinare le carte di mia sorella e allineare le penne, il tagliacarte.

E pensare ancora una volta: "Non posso tenere questa casa, non mi occorre. Mi dà solo fastidi"

E sospirare chiudendo la porta.