Mi manca una cosa: ne sono consapevole.
Per qualcuno, tale mancanza è sintomo di anaffettività, di poca emotività, poca partecipazione personale, poco coinvolgimento.
Posso garantire che non è così: mi emoziono anche troppo, ma le mie tempeste emotive sono tutte private, personali, intime.
Nessuno ne sa quasi nulla: come di quei cavalloni che hanno poca poca schiumetta in cima. Ma nella curva tesa dell'acqua, c'è una forza tutta racchiusa, inesplosa.
Fuori, taccio, sorrido, più o meno brevemente, parlo cortesemente.
Tale è il prodotto dell'educazione da me ricevuta.
Mi stupisco molto delle esplosioni plateali di emotività: me ne vergogno io, per chi le compie, per chi rappresenta tali scene da cortile.
Infine, dopo essermi amareggiata per le incomprensioni, agitata intimamente, rammaricata per l'incomunicabilità, mi manca ancora una cosa.
Non posseggo il rancore.
Me ne sono dispiaciuta per molto tempo, mi sono sentita in colpa per non riuscire a conservare memoria dei torti. O meglio, li ricordo storicamente, mi dispiace di averli dovuti subire...
ma non posseggo gli strumenti della rabbia conservata, gonfia di livore, bavosa di vendetta.
Non ho tempo per il rancore.
Non voglio assaporare il veleno dell'odio.
Preferisco l'oblio, e il librarsi serenamente al di sopra delle miserie della vita.
C'è tanto cielo, da contemplare.