martedì 13 agosto 2019

tout passe, tout ...

Da che inizio? dal caldo che non mi fa dormire?
Dal periodo di pausa dal lavoro (il lavoro quotidiano, quello logorante, non i mestieri di casa)
Non so; inizio dal mio giocherellare alla tastiera, dalla sensazione di voler dire qualcosa (ma cosa, cosa?).
Senso di solitudine, fortissimo.
E la cosa buffa è che lavorare in casa mi distrae.
Ripeto i vecchi, amati gesti di mia madre, di mia nonna, sento l'eco, appena appena, delle raccomandazioni di mia madre (strofina bene, così; se spazzi bene, puoi farlo anche a occhi chiusi; lavare per terra è l'ultima cosa; prendi un filo alla volta; se hai sbagliato, scuci). E poi le canzoni che cantava mia madre, semplici canzonette del suo tempo, che accennava sottovoce stirando e che io bambina imparavo di nascosto (Amapola, ad es.)
Mi fanno compagnia.
E poi trovo anche abbastanza stucchevole il teatrino quotidiano di giornali e tv, che non conduce a niente, o meglio, conduce dove non mi garba.
Preferisco cullarmi nei sogni ad occhi aperti, visto che di sognare ad occhi chiusi, e di dormire in generale, non mi riesce proprio.


1 commento:

  1. Si cambia pagina Zenit, quella vecchia la senti ancora ronzare dietro la prossima che è bianca. Intonsa.
    Il tempo resta, diverso apparentemente, ma resta con noi dentro sempre più lontani dalla inutilità del vivere e dal desiderio struggente di farlo come sentiamo di volerlo fare. Senza riuscirci.
    Sì chiudono stagioni, delle prossime saremo capaci di scriverne? Avrà senso farlo? Così, qui?
    La scrittura resta Zenit, lo spazio aperto resta, l'idea che regali anche in quel senso attonito che hai così ben descritto, resta.
    Scrivere in fondo è regalarsi un sogno ad occhi aperti sul foglio e sulla penna: eliminarlo non giova a nessuno. Nemmeno a te, nemmeno a noi. Ma è diventato tutto così difficile.

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