Sembra roba da poco, aspettare.
Aspettare il referto, ecco: che fai? vivi, parli, leggi, fai cruciverba (sarò viva, o sarò già morta e non me sono ancora accorta?) (tra una settimana farò le stesse cose, o starò cercando un oncologo?) (sarò tranquilla, o mi butterò dalla finestra?)
Ma anche, aspettare di eseguire l'esame decisivo. Chissà gli altri che fanno. Io, ho deciso di mettere lo smalto rosso sulle unghie dei piedi. No, non quello rosso scuro, il solito: no, no. Quello rosso fiammeggiante, il colore preferito di mia sorella, lei, che era così battagliera. Infatti mi preparavo alla battaglia.
E adesso, che è domenica pomeriggio e so che da domani in poi potrebbe arrivare la letterina per email con la bella notizia, sto qui a ticchettare sui tasti. Poi penso che il primo segno dovrebbe essere il calo ponderale e manco a parlarne, ma la cosa non mi rincuora. Magari è ancora presto perché si palesi in questo modo.
Certo vorresti parlarne. A chi? Ai tuoi cari, per affliggerli prima del tempo? Non mi pare il caso. Così pensi, ripensi, ripensi. Poi ti avvolgi nei bioccoli di cotone dei ricordi, ed è così dolce quel dormiveglia della mente, in cui rammenti vicende di almeno cinquant'anni fa, fin nei minimi dettagli, rammenti i dialoghi, comprendi meglio le motivazioni sottese.
Ci vuole fegato per vivere. (Anche per terminare di vivere)