Anzi: cos'era un padre di ieri, per una bambina di ieri?
Un padre che non c'era quasi mai, lontano anche quando stava a casa, distratto e intento in cose strane, come riparare oggetti, usare strumenti duri, pericolosi e pesanti, anche un po' sporchi, forse: comunque inavvicinabili : cacciaviti, pinze, chiodi, chiavi inglesi. Ero affascinata dalle chiavi inglesi: nome esotico per un oggetto strano, con i due becchi di Ara alle estremità, eppure così magico nella funzionalità precisa. Papà rovistava, provava, sceglieva, e clic, il dado si apriva. Dado: non quello per giocare, ma un anello grossolano e spigoloso, invece. Papà teneva tutto in apposite scatoline. Mentre lavorava, mi mettevo a guardarne il contenuto: c'erano dei chiodini blu elettrico, i miei preferiti. Poi quelli ordinari, poi dei veri reperti, lunghetti, storti e un po' rugginosi. Poi le tenaglie, sinonimo di prepotenza. Le pinze da usare di consueto, nerastre e dure, e la graziosa pinza a becco, con i manici di gomma colorata, il becco di cicogna in acciaio lucente. Poi c'era il martello con le code ricurve, e il manico di colore indefinito. Quindi, i cacciaviti. Lunghi, corti e così così. Ma anche i fiabeschi cacciaviti a stella, e i magici cercafase, dal manico trasparente su cui brillava, d'un tratto! una lucina.
Papà aveva le mani piuttosto quadrate, con le dita corte ma forti e precise come quelle degli orologiai; ed era bravissimo a smontare e rimontare i meccanismi.
Quando mi capita di vedere che qualcuno non riesce a trovare i giusti incastri, mi accorgo di vederli con gli occhi delle mani. Ci riesco quasi subito, e penso a papà.
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